L’IMPATTO DELLA CHEMIOTERAPIA SULLE FUNZIONI COGNITIVE

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Dott.ssa Federica Piscopo – Psicologa

La neoplasia è una massa abnorme di tessuto, la cui crescita supera in maniera scoordinata quella dei tessuti normali e progredisce anche dopo la cessazione degli stimoli che ne hanno causato l’insorgenza.   Esistono diversi trattamenti correlati al cancro, la cui efficacia è stata dimostrata in termini di sopravvivenza, come l’intervento chirurgico che è uno dei primi passi per curare la malattia e viene considerato la terapia principale per la malattia localizzata, la radioterapia che fa rifermento a delle radiazioni ionizzanti che inducono un danno diretto al DNA delle cellule tumorali, la brachiterapia o radioterapia interna, che  sono delle radiazioni all’interno della zona da trattare, la terapia ormonale che altera l’equilibrio di determinati ormoni all’interno dell’organismo, la chemioterapia che utilizza farmaci citotossici con lo scopo di bloccare la divisione delle cellule in rapida replicazione e le terapie mirate che agiscono selettivamente su alcuni processi cellulari, in modo mirato e specifico.

Il cancro rappresenta per il paziente e per la sua famiglia una prova esistenziale sconvolgente, che riguarda diversi aspetti della vita. L’individuo vive e affronta la malattia in modo soggettivo, attivando un processo di adattamento alla nuova condizione fisica. La Psico-Oncologia, ovvero la disciplina che si occupa delle variabili psicologiche ed emozionali connesse alla patologia neoplastica, cerca di promuovere la ricerca e di stimolare una maggiore comunicazione fra medicina oncologica, psicologia e sociologia. Negli ultimi decenni, importanti progressi sono stati compiuti nella terapia anti-neoplastica. Particolare attenzione è stata posta alle possibili conseguenze delle terapie sullo stato neurologico e più strettamente sul profilo neuropsicologico dell’individuo.
Durante e dopo la chemioterapia i pazienti riferiscono che:

  • i loro pensieri sono confusi;
  • non riescono a ricordare le cose;
  • non riescono a prendere decisioni;
  • hanno lenta velocità di elaborazione dei pensieri;
  • hanno difficoltà a concentrarsi;
  • difficoltà con il linguaggio;
  • difficoltà motorie

Alcune forme si trattamento, come la chemioterapia, indurrebbero danni al Sistema Nervoso Centrale, che si esprimono sul piano clinico sotto forma di parziale compromissione di funzioni cognitive specifiche (Silberfarf, 1983; Weiss, Walker; 1984), come:

  • Difficoltà nella capacità di attenzione/ concentrazione;
  • Deficit di memoria;
  • Deficit delle funzioni esecutive ( iniziativa, pianificazione, organizzazione, esecuzione di più compiti, inibizione delle risposte).

I meccanismi che possono influenzare il deterioramento cognitivo sono: ansia, depressione, cambiamenti ormonali, disturbi del sonno, stress, effetti delle medicazioni, danno neurotossico del cervello, lesioni microvascolari, processi infiammatori centrali e/o sistemici secondari e disregolazione dell’asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene, che comporta una variazione negli ormoni endogeni (estrogeni e serotonina).. Tuttavia, nonostante il deterioramento cognitivo sia un problema diffuso, vi è poca letteratura a riguardo. Non esiste una diagnosi ufficiale di Chemobrain, la maggior parte dei medici fanno riferimento a fattori genetici e costituzionali. Il problema è spesso collegato al fatto che i test neuropsicologi non rilevano i sottili cambiamenti psicologici della chemioterapia, studi trasversali che fanno riferimento solo a persone che hanno completato il trattamento, il non aver utilizzato i gruppi di controllo, il numero limitato di pazienti e l’esclusione di pazienti con depressione, ansia e disturbi del sonno. Chemobrain determina profondi cambiamenti cognitivi, emotivi, sociali ed occupazionali, mettendo a dura prova il senso di sé e la qualità di vita. Tra i vari cambiamenti auto-riferiti possiamo includere: angoscia dei pazienti a causa di un mancato riconoscimento da parte della comunità medica, reazioni miste da parte di familiari e amici che non sanno come comportarsi, declino della performance lavorativa, che come ho esposto prima, essendo compromesse alcune funzioni cognitive, i pazienti hanno problemi nell’organizzare e pianificare un lavoro, calo dell’attenzione e della memoria, aspetti importanti e necessari in un lavoro, inoltre vi è il ritiro da eventi sociali, fatica correlata al trattamento e ansia, depressione e stress. Tra i trattamenti non farmacologici possiamo individuare:

  • la Psicoterapia-Cognitivo-Comportamentale,
  • il training cognitivo,
  • l’esercizio fisico,
  • programmi di intervento della mindfulness, efficace per ridurre il disagio, migliorare la qualità di vita, la regolarizzazione dell’HPA e la riduzione dei sintomi di ansia e depressione;
  • l’esposizione ad ambiente naturale,
  • metodi riabilitativi che si basano sul ripristino di una specifica funzione cognitiva o sulla compensazione per aiutare i pazienti ad adattarsi alla presenza del deficit e infine;
  • l’utilizzo di vitamina E.

Nonostante ciò, sono necessarie ulteriori ricerche per aiutare a prevenire e fronteggiare tale problematica. Tale obiettivo verrà raggiunto se: verranno condotti degli studi, utilizzando grandi campioni e adeguate condizioni di controllo e verrà data importanza alla prevenzione, attraverso un’adeguata spiegazione degli effetti psicofisici della chemioterapia e grazie all’intervento della psicoterapia, al fine di adottare strategie compensatorie, ampliare la consapevolezza e l’autoregolazione, per poter arginare le problematiche emotive. La speranza è che le istituzioni governative promuovano politiche nella direzione di una maggiore presenza di psicologi clinici nelle strutture ospedaliere e nei dipartimenti oncologici per collaborare con neuropsicologi, medici, familiari e soprattutto i pazienti. Le sfide sono difficili, ma l’adeguata preparazione scientifica dello psicologo può restituire benefici risultati alla scienza e alla salute pubblica.

Concludo con una celebre frase di Albert Schwartzer: “IL PAZIENTE NON LO SA, MA IL VERO MEDICO E’ QUELLO CHE HA DENTRO DI SE’. E NOI ABBIAMO SUCCESSO QUANDO DIAMO A QUEL MEDICO LA POSSIBILITA’ DI FARE IL SUO LAVORO”.

Dott.ssa Federica Piscopo – Psicologa

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Questo articolo ha 5 commenti.

  1. Achille Albanese

    Sei anni fa ho vissuto la non piacevole esperienza del cancro curato, nel mio caso, con chemioterapia e radioterapia. Sono ancora qui e senza segni di recidiva. Vuol dire che le terapie, pur avendomi lasciato alcuni effetti collaterali di non poco conto, mi hanno salvato la vita!
    Per mia fortuna però non ho sperimentato il qui descritto "Chemobrain" e ne sono contento. Supporto quindi la campagna affinché la Ricerca si occupi di più di questa sintomatologia perché solo conoscendola si possono trovare le cure più idonee.

  2. Rino marucci

    Sono semplicemente un curioso, mi è capitato questo articolo tra le mani ed è veramente interessante. Ho vissuto l'esperienza di uno zio con un cancro che purtroppo le cure non sono riuscite a sconfiggerlo. Ho riscontrato alcuni danni collaterali psicologici in comune tra l'articolo e mio zio durante la chemio terapia. Onestamente pensavo che il suo cambiamento fosse dovuto al cancro e non alla chemio. Ora mi tutto un pó più chiaro.

  3. Fernando Antonazzo

    Articolo molto interessante e di discussione avvincente perla dettagliata descrizione delle problematiche connesse. Complimenti dott.ssa Piscopo

  4. La stefi

    Sono passati 10 anni dalla chemio e radioterapia .
    La vita mi è cambiata notevolmente
    Perché ancora oggi navigo in una nebbia mentale non indifferente.
    Trovassi il modo di farla svanire sarei la persona più felice del mondo .. tornerei a vivere .

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