Burocrazia e psicologia – “Adesso posso aprire il mio studio di psicologia senza problemi?”

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Bene, eccoci di nuovo qui. Se state leggendo questo articolo le cose sono due: o avete già letto la prima parte e la smania di conoscere la continuazione non vi ha fatto dormire la notte, oppure ci capirete davvero molto poco… magari andatevi a leggere la prima parte, non ha senso sapere chi è l’assassino se non si conosce il movente!

Bene, ora torniamo a noi!

Partiamo dal facile: nella scorsa trattazione abbiamo capito – o tentato di farlo – tutto ciò che di prodromico c’è all’esercizio dell’attività di psicologo. Iscrizione all’Albo, Partita IVA, ENPAP sono concetti basilari, ma di certo non sufficienti a garantire al singolo Psicologo la possibilità di esercitare la propria professione: nelle righe che seguiranno avrete nozione di tutt’altro livello di adempimenti tecnici, sempre e comunque richiesti dalla legge per svolgere al meglio la propria professione.

Per capire meglio su cosa focalizzarsi, chiediamo aiuto a Mimmo, che ha appena deciso di aprire il suo studio ed è in preda all’ansia perché non vuole fare alcun passo falso…

M. – Ma io, i clienti, dove posso riceverli?

In studio, Mimmo ed è più semplice di quanto possa sembrare.

Affinché un immobile possa essere utilizzato come studio professionale deve essere registrato all’Ufficio locale del Catasto Edilizio Urbano come A/10. Tale categoria catastale è propria di tutti gli immobili che presentano le caratteristiche tecniche ed igienico-sanitarie adatte a poterli destinare allo svolgimento di un’attività professionale. E chi te lo dice quali sono queste caratteristiche? Il regolamento ASL, al cui ufficio di riferimento spetta la procedura di controllo e asseverazione dei requisiti richiesti.

Virtualmente tutti gli immobili posso essere soggetti a variazione della destinazione d’uso (se sono presenti i requisiti richiesti, ovvio) e questa può avvenire facendo richiesta agli appositi uffici del comune nel cui territorio l’immobile insiste. In tal caso però, i locali destinati allo svolgimento di un’attività professionale non potranno essere destinati ad uso abitativo.

Su tale questione però, il Consiglio Nazionale dell’Ordine ci viene in aiuto e non dimentica di sottolineare come lo Psicologo possa ricevere pazienti presso il proprio domicilio. E’ quello che la giurisprudenza definisce come “uso promiscuo abitazione/studio”, che non prevede alcuna variazione catastale (in tal senso, però, l’Ordine consiglia sempre di contattare gli uffici comunali competenti in materia). È ovvio che in tal caso debbano essere seguiti gli stessi accorgimenti che si utilizzano negli studi professionali dedicati: una sala d’attesa per garantire la privacy dei pazienti, cautele per la custodia dei documenti…

M. – Quindi una volta trovato lo studio posso tranquillamente iniziare a seguire i pazienti?

Volendo citare: «Risposta corta “Si”, risposta lunga “Si”… con un “ma”». Cosa vuol dire? Vuol dire che – novità tra le novità – esistono tutta una serie di informazioni da dare e di documenti da far firmare al paziente.

Nello specifico il rimando è alla normativa sulla privacy, recentemente rivista con l’emanazione del GDPR.

Ai sensi della normativa italiana, sotto la categoria “Dati sensibili”, rientrano tutta una serie di informazioni (origine razziale od etnica, credo politico e religioso, orientamento sessuale, stato di salute) delle quali il professionista viene a conoscenza, ma sulle quali si impegna a mantenere il più assoluto riserbo. Se volessimo semplificare al massimo la questione, potremmo dire che, lo Psicologo, così come è deontologicamente obbligato a non divulgare a terzi le problematiche dei propri assistiti e le specificità circa i trattamenti posti in essere, è obbligato dalla legge a non divulgare alcun tipo di dato sensibile relativo al paziente.

Fatta questa doverosa premessa, facciamo un passo avanti: il paziente, prima di iniziare il trattamento, dovrà essere informato su come e da chi verranno trattati i suoi dati personali e circa quello che sarà il trattamento. Come è possibile tutto questo? Con un balletto a tre passi:

  • Informativa relativa al Trattamento dei Dati Personali – documento nel quale si esplicitano tutti i dati che saranno rilevati, si specifica come saranno rilevati e chi è il Responsabile del trattamento, si indicano le modalità di risposta ad un eventuale data breach, ecc…;
  • Consenso Informato – manifestazione di assenso al trattamento descritto nell’informativa, a firma del paziente;
  • Consenso Sanitario – vero e proprio atto giuridico col quale lo psicologo fornisce al paziente (che accetta a mezzo apposizione di firma) tutte le informazioni circa la tipologia di prestazione fornita, metodologia seguita ed individuazione degli obiettivi, presunta tempistica di erogazione, ecc…

M. – Vabbè, però poi basta… cioè: firma, lavoro e paga, no?!

Non proprio, ma solo perché è bello complicarsi la vita.

Intanto ricorda: fattura, fattura sempre! Anche perché quella che tu eroghi è una prestazione sanitaria, quindi la tua fattura sarà detraibile per il paziente…ma solo se pagata in un certo modo.

Spiego meglio.

Tutte le fatture emesse a saldo di prestazioni sanitarie sono detraibili: ciò vuol dire che l’intestatario della fattura potrà portarla in detrazione al 19% con la dichiarazione dei redditi presentata nell’anno successivo a quello di emissione della fattura in oggetto, ma potrà farlo solo a seguito di pagamento tracciato (bancomat, carta di credito, assegno, bonifico).

Corollario numero 1: attrezzati per tutti coloro i quali – e, fidati, saranno la maggioranza – decideranno di pagare con bancomat o carta di credito.

In confidenza, tanto mica ci legge nessuno, sai come si compila una fattura, si?!

Compra un libretto per le ricevute sanitarie, preparala su foglio elettronico o utilizza un gestionale online, ricorda però alcune cose fondamentali, in merito alle quali la legge non ammette ignoranza:

  • i tuoi dati identificativi devono ricomprendere, quantomeno, nome e cognome, professione, indirizzo e numero di partita IVA;
  • dell’intestatario della fattura devi riportare nome e cognome, indirizzo di residenza e codice fiscale;
  • l’onorario deve essere indicato tenendo conto del netto e del 2% ascrivibile a contribuzione ENPAP;
  • devi apporre una marca da bollo di € 2,00 sulle fatture superiori ad € 77,47.

Corollario numero 2: la marca da bollo deve sempre essere di data antecedente la fattura o, al più tardi, di data coincidente a quella di emissione della fattura.

Ah, un’ultima cosa: entro il 31 gennaio dell’anno successivo, lo Psicologo, come tutti i professionisti sanitari, è chiamato ad inviare al Sistema Tessera Sanitaria tutte le fatture emesse ai pazienti, cosicché queste possano andare a implementare al meglio tutte le funzioni per cui tale sistema per la stima del consumo pro-capite delle spese farmaceutiche e specialistiche è stato creato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (creazione del Fascicolo Sanitario Elettronico, invio delle fatture sanitarie detraibili per il 730 precompilato, ecc…).

Tieni però conto di una cosa: l’invio è un obbligo per te, in quanto professionista sanitario, ma è vincolato al consenso rilasciato dal paziente. Qualora questi non accetti l’invio al Sistema TS (consenso non prestato già all’interno del consenso informato), dovrà firmare ogni singola fattura in calce alla dicituraFattura non trasmessa al sistema tessera sanitaria per opposizione dell’assistito ai sensi dell’art. 3 d.m. 31/07/2015 e dell’art. 7 d.lgs. n.196/2003 e ss.”.

Bene, ringraziamo Mimmo che si è prestato a fare da crasi di tutti gli Psicologi che mi hanno rivolto domande in questi ultimi tre anni.

Ora quello che sarebbe dovuto essere il vero incipit di tutto questo: il primo ingresso nel mondo del lavoro non è altro che un colpo in pieno volto. Spiazza e fa vacillare un po’ tutti e sono pienamente consapevole che, aggiungere tutte queste nozioni, possa essere alquanto destabilizzante. Il problema vero è che, per quanto uno possa aver studiato ed appreso, anche questo deve far parte del proprio bagaglio di conoscenze. Così come accade nella quasi totalità dei contesti lavorativi nostrani: il mondo accademico ti permette di essere uno Psicologo, la burocrazia ti consente di farlo!

E questo, un po’ egoisticamente, mi ha anche permesso di arrivare a Nova Mentis… e quindi, ben venga la burocrazia!

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