DROP OUT: PERCHÉ LE DIETE FALLISCONO?

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Dott.ssa Simona Vincenti – Biologa Nutrizionista

Inizio da lunedì! L’inizio di un percorso dietetico è come una staffetta senza testimone, una gara con grande slancio ad ogni piccolo traguardo raggiunto, è una corsa verso il cambiamento, senza riposo. Inizia così la scalata verso la vetta,  deviando gli ostacoli,  cronometrando  il tempo impiegato e puntando al record. E se il tempo scade e i nostri obiettivi sono ancora dei miraggi, cosa succede? E se l’obiettivo raggiunto non risponde esattamente alle nostre pretenziose aspettative, abbiamo fallito?

E’ il drop out, tradotto in tutte le discipline mediche come l’interruzione della terapia, nel nostro caso specifico, dietetica.  Il dato è significativo e circa 8 pazienti su 10 iniziano un percorso dietetico ma abbandonano nel momento esatto in cui credono di essere ancora lontani dalle aspettative presagite. Le motivazioni del fallimento sono diverse, tutte accumunate da quell’ ultimo esito di insuccesso della dieta,  e calate in un contesto di  insoddisfazione personale, mancata condivisione, obiettivi irrealistici e scarsa compliance.

“ Mi sto privando di tante cose ma non ho il risultato che vorrei!”. E’ il caso del drop out in cui il paziente punta con tutte le sue forze, concentrandole intensamente in un tempo breve, al raggiungimento dell’obiettivo prefissato. Niente dolci per un mese, la colazione al bar diventa la classica scenetta di dolci sogni e il profumo del pane resta un lontano  ricordo.  Eccessiva rigidità e mancanza di piacere trasformano la forte spinta iniziale in una deprivazione continua  che avvilisce e non lascia spazio al bisogno di gratificazione.  Il cibo si trasforma in un ripugnante dovere  e presto disubbidiremo.

“ Ho provato infinite volte ma non dimagrirò mai!”. E’ il caso del drop out mosso da elevate aspettative – il raggiungimento di un obiettivo forse irrealistico, utopico – o da una bassa autostima del paziente. In tal caso, il più piccolo degli ostacoli diventa un  muro di cemento armato difficile da abbattere, dunque, è più semplice abbandonare! Concordare un peso ragionevole,  costruire insieme dei programmi nutrizionali adatti alle richieste fisiche e psichiche del paziente, rinforzati da ripetuti cambiamenti e nuovi spunti culinari eclisseranno il fine ultimo. In tal modo, il paziente continuerà, senza pressioni, ad inseguire con costanza e pazienza gli obiettivi desiderati e a disegnare un nuovo stile di vita.

“Sono stanca di preparare portate diverse. I bisogni familiari sono inconciliabili con i miei!”. E’ il caso del paziente che si ritrova a fronteggiare e gestire situazioni ad alto rischio e dura prova per le sue stesse priorità del momento. Una mancata condivisione, una gestione alimentare viziata da imprevisti esterni, un contesto familiare poco complice e oggetto di disperazione alimentare può condurre al fallimento. Il rimedio è  nel regime alimentare della condivisione, della convivialità declinata sugli obiettivi prefissati e accordati con il professionista, una dieta svincolata da grammature, da obblighi alimentari bensì incentrata sulla capacità di allenamento della propria flessibilità a tavola pur perseguendo i medesimi obiettivi.

“Devo dimagrire o la mia salute sarà seriamente compromessa”. E’ il drop out del paziente spinto da una scarsa motivazione, o per meglio dire, spinto da una motivazione esterna che quasi sembra non riconoscere, non accogliere volontariamente. Il dimagrimento diventa il mezzo forzato, unico,  per allontanare nefasti stati patologici ma non appena la condizione clinica sembra migliorare, abbandona le buone abitudini acquisite. Il paziente non avrà più alcun motivo valido per continuare il suo percorso. Il regime alimentare funzionale caratterizzato da programmate concessioni alimentari aiuteranno il paziente a ritrovare la giusta motivazione superando il concetto di un regime stonato per i nostri radicati ritmi e abitudini alimentari scorrette.

“Vorrei ma non posso eccedere, perché l’eccesso comporterà una ricaduta!” Il caso del paziente che  ha raggiunto il peso desiderato, ha approcciato diligentemente al regime alimentare proposto ma resta ancorato alla primordiale restrizione calorica. In tal caso la richiesta espressa è stata evasa ma il paziente non ha appreso le giuste strategie nutrizionali per poter continuare in autonomia, tutt’altro, barcolla nell’unica certezza di quel regime ipocalorico, estremamente selettivo, ma perfetto – a suo dire – per il mantenimento del peso corporeo. All’estremo apposto, il paziente che si libera delle regole imposte fino a quel momento ignorandone le conseguenze e le possibili ricadute; dunque divorare tutti i  cibi proibiti diventa il primo desiderio da realizzare. In entrambi i casi  il drop out  si cela dietro azioni compensative, a volte di successo a volte fuori controllo.

La letteratura attuale mostra che l’abbandono è più frequente tra i soggetti adulti rispetto agli adolescenti e l’iniziale perdita di peso e l’età sono stati identificati come variabili significative per la previsione del rischio di abbandono da qualsiasi terapia dietetica. Anche i pazienti con sintomi pregressi legati a disturbi del comportamento alimentare (DCA), poca assistenza all’interno del nucleo famigliare e /o professionale, hanno un tasso di abbandono maggiore. Dunque identificare le situazioni a rischio, prevenendo il drop out, fornendo strategie alimentari cucite sulla persone, permetteranno di affrontare il percorso nutrizionale con maggiore consapevolezza, sicurezza, evitando scivoloni, accettando le piccole soste e imparando a rialzarsi dalle poche sconfitte.

 

Dott.ssa Simona Vincenti – Biologa Nutrizionista

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