Il sostegno psicologico visto da una prospettiva diversa

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Riflessioni di una Psicologa dentro e fuori dallo studio

Mi ritrovo immersa tra le pagine di un libro, inebriata dal profumo del caffè e l’insolita entusiasmante certezza di avere davanti un’intera giornata libera. È arrivata la primavera da qualche giorno e con sé il dolce cinguettio degli uccellini, da sempre per me fonte di buon umore.

È un Sabato mattina festivo e in zona arancione, mi frullano in mente mille programmi per queste ore fuori dallo studio e mi rendo conto che, oltre a incombenze pratiche di gestione della casa, il 90% di questi riguarda il mio lavoro.

L’abbinata tempo libero-lavoro può risultarvi una nota stonata nella sinfonia di un giorno dedito al relax.

Effettivamente mi ritrovo a sorridere di questo, mentre la mia mente mi sussurra “Sapevamo già che sarebbe andata così anche oggi!”. Ho letto più volte la frase “Fai quello che ami e non lavorerai un solo giorno della tua vita” (Confucio), ma solo ora posso comprenderne appieno il significato.

Lo capisco tutte le volte che supero l’orario del coprifuoco in ufficio, riguardando appunti e cartelle cliniche; ne ho dimostrazione ogni volta che passo l’intero weekend a programmare la settimana lavorativa, con la gioia di chi è immerso nel proprio passatempo preferito; me lo confermano i corsi di aggiornamento, i libri e le supervisioni che hanno preso il posto degli acquisti vezzosi degli anni precedenti.

Potrà sembrare insensato o irrilevante quanto io stia scrivendo, ma oggi riflettevo sul fatto che spesso si ritrovano scritti su cosa il sostegno psicologico rappresenti per i pazienti, ma molto meno spesso come questo venga vissuto dallo Psicologo.

Capitano anche a me le mattinate in cui odio il suono della sveglia, in cui la mia mente ed io ci trasciniamo in ufficio al ritmo di “Che barba, che noia”, come sicuramente ad ognuno di voi…ma poi incontro il primo paziente, mi lascio trasportare nel suo vortice di emozioni e la giornata prende una piega diversa. Da questo capisco che i supereroi non esistono (anche se tante volte nei miei anni di formazione ho pensato che avrei dovuto esserlo), ma ci sono solo persone che hanno la fortuna di fare il lavoro che amano e che questo ha il potere di alleviarne la fatica, incentivando la voglia di investire tempo ed energie.

Ritornando al falso mito del supereroe, spesso mi è capitato di vedere i pazienti stupiti davanti alla mia esternazione “Capita anche a me!”; non so precisamente da dove abbia avuto origine l’associazione dello Psicologo con una leggendaria figura mitologica, libera da emozioni spiacevoli e inattaccabile, come protetta da un’armatura, ma in tutta onestà, non lasciatevi prendere in giro da chi cerca di farvelo credere: siamo umani e come tali proviamo tutte le emozioni che prova ognuno di noi. Spesso quel “Capita anche a me!”, accompagnato dall’esempio specifico, rappresenta l’inizio di una relazione terapeutica stabile, intrisa di normalizzazione e fiducia.

“Io mi chiedo come tu faccia a non impazzire!”, mi dice, sorridendo, un mio giovane paziente al termine del colloquio a fine giornata: è faticoso, tante volte il peso della sofferenza psicologica ascoltata e insieme a voi rivissuta, approfondita, il dolore attraversato nel tempo del colloquio lo si può osservare nell’espressione stanca di fine giornata, ma quello che non è visibile agli occhi è il senso di condivisione, di empatia e di gratitudine che mi porto a casa ogni sera.

Gratitudine verso la fortuna di aver potuto sovrapporre lavoro e passione, facendo ciò che sognavo e per cui ho studiato e continuo a studiare; gratitudine per le storie, i momenti, i ricordi, le fragilità che scegliete di condividere con me; gratitudine per i cambiamenti di cui sono testimone diretto; gratitudine per il tempo trascorso in studio, non scandito da minuti, ma da emozioni.

E poi…gratitudine per il dono di lavorare in equipe, di non sentirsi mai sola davanti a un dubbio o alla stanchezza; gratitudine per i mille momenti di intervisione, di confronto e conforto reciproci.

Mi piace tanto la metafora delle due montagne, credo rappresenti perfettamente la mia visione del sostegno psicologico: ognuno di noi sta scalando la sua montagna, io la mia e ognuno di voi la sua…lo Psicologo ha un punto di vista privilegiato sulla vostra, guardandola dalla sua e, grazie agli strumenti acquisiti negli anni di formazione e professione, può sostenervi nel percorso, come fa una guida alpina, che conosce il sentiero e che ha a disposizione gli attrezzi utili.

Ok… ora credo sia giunto il momento di ritornare al mio bel libro, perché, nonostante la passione per il proprio lavoro, è indispensabile ritagliarsi sempre un po’ di tempo per sé, per ricaricare la batteria e ripartire al massimo!

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