Come dorme il nostro cervello

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Possiamo definire il sonno come uno stato reversibile di disconnessione dall’ambiente, una sospensione dello stato di veglia, che si manifesta ciclicamente ogni 24 ore circa. Tale ritmo è noto come ritmo circadiano che governa tutta la nostra fisiologia. Il bisogno di dormire aumenta man mano che si accumulano le ore di veglia, e quando si supera una certa soglia, una persona può addormentarsi anche se ciò rappresenta un pericolo per la sua vita (ad esempio mentre è alla guida). La vita non è possibile senza sonno. Nella maggior parte dei casi un individuo ha bisogno di dormire tra le 7 e le 8 ore al giorno. Il sonno implica processi attivi nel cervello e in tutto l’organismo deputati alla sintesi delle informazioni, al recupero fisiologico e dell’energia e alla preparazione per il normale funzionamento durante la veglia. Il cervello è una macchina prodigiosa ma non è l’unico a trarre benefici dal sonno: tutto il corpo dorme, e mentre dorme, si attiva un processo di riparazione cellulare. È come se, appena l’attività diurna cessa, gli “operai” che si occupano della manutenzione dell’organismo uscissero per portare a termine il loro lavoro.

Solo recentemente, si è iniziato a comprendere scientificamente l’importanza del sonno per la salute; nel 2015, l’American Accademy of Sleep Medicine ha pubblicato una raccomandazione ufficiale circa le ore di sonno necessarie per mantenersi in salute e gli effetti dannosi dovuti alla carenza di sonno. Se si dorme poco si è più soggetti a malattie, si prendono decisioni sbagliate, la memoria cede e si avverte malessere. È chiaro, quindi, che il sonno, ha avuto da sempre funzioni molto importanti, altrimenti sarebbe difficile spiegarsi perché si sia mantenuto nel corso dell’evoluzione.

Grazie agli strumenti offerti soprattutto dalle neuroscienze, oggi sappiamo che il sonno non è assolutamente uno stato passivo, piuttosto, è caratterizzato da un’attività cerebrale intensa e a volte anche molto frenetica. Il sonno riorganizza le informazioni del nostro cervello e il nostro vissuto emotivo e, nel frattempo, contribuisce a contrastare il logoramento che ha luogo durante l’attività diurna.

LA STRUTTURA DEL SONNO

Alla fine degli anni ’50 fu coniato il concetto di dualismo del sonno in riferimento al fatto che nel sonno convivono e si integrano due stati completamente diversi tra loro: il sonno REM e il sonno non-REM. Stando alla classifica più recente elaborata dall’American Accademy of Sleep Medicine nel 2007, le fasi del sonno si distinguono in: N1 e N2, comprese nel sonno leggero non-REM; N3, che corrisponde al sonno profondo non-REM; e fase R o REM.

Si pensa che la transizione tra la veglia e il sonno sia un fenomeno unitario ma non è così. Esistono diversi sottosistemi e non tutti entrano contemporaneamente in “modalità sonno”. La percezione della veglia o del sonno, l’autocoscienza, la sensibilità agli stimoli esterni, la memoria, il pensiero logico ecc. sono tutte funzioni che cambiano più o meno insieme quando il sonno inizia ma non in modo sincronizzato. Quindi, la fase N1 del sonno è considerata perlopiù una fase di transizione, solitamente breve, tra la veglia e il sonno. Essa è caratterizzata da onde theta a rallentamento progressivo, rilevabili con elettroencefalogramma (EEG). In questa fase il soggetto può non avere la percezione di essersi addormentato.

Le fasi del sonno non-REM rappresentano una progressiva profondità del sonno; più il sonno è profondo, più bisognerà mettere in atto una stimolazione sensoriale vigorosa per svegliare il soggetto.

La fase N2 si differenzia per la comparsa di onde sempre più lente e ampie in EEG. Tale fase costituisce la maggior parte del tempo di sonno, e negli adulti sani di solito è pari al 45-55%.

La fase N3 è definita “sonno a onde lente” (onde delta) o “sonno lento profondo”, per via dell’enorme numero di onde lente sincronizzate rilavato nell’EEG. Maggiore è il tempo trascorso in assenza di sonno, maggiori saranno la durata della fase N3 e la presenza di onde lente quando il soggetto dormirà. Pare che questa fase sia molto importante nei processi di ripristino energetico e strutturale propri del sonno. Infatti, sembra che la sensazione di sonno ristoratore sia legata alla continuità di questa fase.

Il sonno non-REM è complessivamente caratterizzato da una progressiva riduzione dell’attività mentale cosciente, che nelle fasi più profonde può scomparire, mentre il cervello è coinvolto in un’intensa e ritmica attività neuronale, utile al mantenimento e alla riparazione (sebbene con modalità non ancora chiare) della fisiologia e della struttura delle connessioni neurali.

Il sonno REM, si può definire come fase del sonno in cui si assiste ad un’intensa attività cerebrale in un corpo paralizzato, con movimenti oculari rapidi e uno stato mentale che di solito porta a sognare. Durante tale fase il pensiero è illogico, bizzarro, e considerando che il soggetto è scollegato da ciò che lo circonda, l’origine di tale pensiero è il nostro personale mondo interiore. È durante il sonno REM che il cervello unisce elementi che ha appreso, immagina nuovi scenari, assimila gli aspetti emotivi del proprio vissuto e contribuisce a configurare una proiezione futura della propria storia. Da questa attività nascono i sogni, vivaci e complessi, con un contenuto narrativo, sensoriale ed emotivo. Tuttavia, anche durante il sonno non-REM (fase N1 e N2) è possibile sognare, ma questi sono sogni privi di una trama, in cui l’attività mentale è piuttosto una ripetizione di esperienze recenti che, ripetute più e più volte, vengono immagazzinate. La fase REM comprende il verificarsi di diversi fenomeni fisiologici, tra cui due dei più importanti – rilevati e misurati in modo oggettivo mediante elettrooculografia (EOG) ed elettromiografia (EMG) – sono: i movimenti oculari rapidi e l’atonia muscolare nel resto dell’organismo.

STRUTTURE CEREBRALI COINVOLTE

Il talamo, localizzato approssimativamente al centro del cervello, lavora in modo coordinato con la corteccia cerebrale. L’interazione sinaptica tra la corteccia e i neuroni del talamo (talamocorticali e del nucleo reticolare) genera i ritmi di eccitazione/inibizione propri del sonno non-REM. Tale attività mantiene il sistema talamocorticale scollegato dalla stimolazione sensoriale e si ritiene che rivesta importanti funzioni relative all’attività riparatrice del sonno.

Il centro di controllo del sonno REM si trova nel ponte (nel tronco dell’encefalo), dove i neuroni REM-on attivano il prosencefalo basale che attiva la corteccia e causano contemporaneamente l’inibizione dei motoneuroni del midollo spinale.

LA NEUROBIOLOGIA DEI SOGNI

Durante il sonno REM, quindi durante la fase del sogno, è presente un ambiente neurochimico peculiare. Si abbassano i livelli di alcune sostanze che intervengono nella regolazione delle funzioni cognitive “normali” (serotonina, noradrenalina, istamina), mentre aumentano quelli di altre sostanze che potenziano le esperienze sensoriali simili alle allucinazioni e aumenta anche la plasticità neurale. Nel sonno non-REM, l’ippocampo (elemento fondamentale per l’elaborazione dei nuovi ricordi) e la corteccia lavorano in modo intimamente connesso; infatti, l’ippocampo riproduce gli avvenimenti importanti che abbiamo vissuto per “registrarli” nella memoria della corteccia. Al contrario, nel sonno REM, sembra che la corteccia cerebrale sia funzionalmente scollegata dall’ippocampo, questa disconnessione funzionale ed il fatto di essere scollegata anche dall’informazione sensoriale del mondo esterno, predispone la corteccia ad essere totalmente libera, libera di sognare, libera di creare. Sono diverse le caratteristiche dei sogni che avvengono in fase REM: in primo luogo, la mancanza di coerenza e di logica narrativa; in secondo luogo, facciamo sogni dall’intenso contenuto emotivo, spesso negativo, non sappiamo perché ciò accada, è possibile che il cervello abbia un bisogno maggiore di elaborare le vicende negative piuttosto che quelle felici, e il sogno rappresenta un ottimo scenario per farlo. In terzo luogo, il contenuto dei sogni non è necessariamente qualcosa che è accaduto nella nostra vita, solitamente capita che appaiano scene e personaggi noti mischiati ad altri sconosciuti.

Grazie a studi di neuroimaging, come TAC, RMN ed EEG ad alta risoluzione, si è potuto constatare che le regioni più attive durante il sonno REM sono la corteccia cingolata anteriore e la orbitofrontale (coinvolte nell’elaborazione delle emozioni), l’amigdala (centro di risposta della paura), l’ippocampo e la corteccia paraippocampale, ma anche regioni della corteccia parietale, occipitale e temporale (coinvolte nella generazione di sensazioni uditive, visive e spaziali).

Oggi sappiamo che il sonno è un processo complesso, un momento in cui siamo soli con noi stessi, le nostre paure, i nostri desideri, con il nostro passato e il nostro futuro. Nonostante il cammino della ricerca sia stato molto fruttuoso, quello che ancora ci aspetta appare promettente. La scienza continui la sua strada verso l’approfondimento dei meccanismi del sonno e dei sogni, un vero e proprio codice da decifrare. Quando ci saremo riusciti, avremo ottenuto uno strumento di immenso valore per migliorare la nostra salute, la nostra vita e per trattare con successo i disturbi del sonno.

Bear M.F., Connors B.W., Paradiso M. (2016), Neuroscienze. Esplorando il cervello, Edra, Milano

Lugaresi E. (2008), Il sonno e i suoi disturbi, Il Mulino, Bologna

Strata P. (2017), Dormire, forse sognare. Sonno e sogno nelle neuroscienze, Carocci editore, Roma

Dott.ssa Alessia Capasa – Psicologa

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