Emozioni in crescita – Come favorire un sano sviluppo emotivo

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In numerosi colloqui di sostegno psicologico con giovani adulti e adolescenti ci ritroviamo a lavorare sulla regolazione emotiva e l’autocontrollo.

Spesso la richiesta è: “Come faccio a non provare più rabbia/paura/tristezza?”

La prima informazione utile che si trasmette in risposta a ciò è che è impossibile porsi l’obiettivo di non provare più una determinata emozione, in quanto si tratta di emozioni innate, intrinseche alla specie umana.

Nel dettaglio, attraverso studi (Ekman, 1972; Ekman et al., 1969; Izard, 1971,1977), si è verificato che le emozioni primarie o di base (rabbia, paura, disgusto, tristezza, gioia e sorpresa) sono caratterizzate da espressioni facciali e risposte fisiologiche condivise e indipendenti dalla cultura di appartenenza, che si strutturano già nel corso del primo anno di vita.

A partire dai 18 mesi, iniziano a strutturarsi anche le emozioni secondarie, che dipendono dalle norme culturali (imbarazzo, invidia, gelosia, orgoglio, senso di colpa, superbia, disprezzo e vergogna). Nell’acquisizione di queste competenze emotive gioca un ruolo fondamentale la relazione con l’adulto di riferimento principale.

È importante considerare che sperimentare le emozioni consente un corretto sviluppo affettivo e sociale del bambino, in quanto gli permette di comprendere i suoi obiettivi e i suoi bisogni e di sperimentare come il mondo risponde alle sue richieste.

Molti disturbi psicologici, che possono comparire nel corso della vita (ansia, depressione, disturbi del comportamento e abuso di sostanze), dipendono da difficoltà nella regolazione emotiva e, quindi, per tutelare il benessere mentale del figlio è necessario che il genitore lo educhi a riconoscere e regolare efficacemente le proprie emozioni.

La regola principale è ricordare che i genitori (o gli adulti di riferimento) rappresentano il modello dai quali i bambini apprendono come esprimere le proprie emozioni e reagire a situazioni e comportamenti reputati scorretti e spiacevoli. Siamo noi adulti, quindi, con i nostri atteggiamenti e le nostre reazioni a insegnare ai bambini come mostrare il proprio disaccordo e modulare le proprie emozioni.

E cosa possiamo fare per aiutare il bambino a sviluppare un’autoregolazione emotiva?

È necessario mantenere un atteggiamento empatico e validare le sue emozioni, senza critiche e giudizi, consentendogli di sperimentarle e di sentirsi accolto, anche quando vive le emozioni più scomode, come la rabbia.

Questo gli permetterà di comprendere che non esistono emozioni sbagliate e che ciò che è necessario gestire è l’espressione di queste emozioni: i nostri comportamenti!

Se è sicuramente normale provare rabbia, tristezza, paura, ecc., è parimenti necessario comprendere quali siano le modalità e le situazioni migliori per esprimerle.

Quindi, oltre che con l’esempio diretto, è utile trasmettere questo messaggio anche con la comunicazione verbale, che stimola al riconoscimento e all’espressione di quanto si sta vivendo, alla possibilità di dare un nome allo stato di attivazione provato e propone modalità più adattive per manifestarlo, evitando offese e punizioni.

Un bambino che comprende che le emozioni non sono pericolose, anche se in alcuni momenti possono risultare fastidiose, acquisisce sicurezza nella propria capacità di gestirle e sarà tutelato nell’esposizione a inevitabili momenti difficili lungo il percorso di vita.

L’autocontrollo è una funzione complessa, frutto del bilanciamento dell’attivazione di aree cerebrali profonde (come l’amigdala), che determinano la spinta impulsiva e la corteccia prefrontale, che determina il controllo inibitorio.

Questa essenziale abilità permette all’individuo di valutare le conseguenze delle proprie azioni e prendere successivamente delle decisioni, di gestire adeguatamente situazioni stressanti e di tollerare la frustrazione dell’attesa della soddisfazione di un desiderio, con conseguenti benefici per il funzionamento sociale e il benessere individuale.

La regolazione emotiva inizia a svilupparsi già a partire dai 2 anni d’età, ma, nel suo sviluppo, passa dall’essere eteroregolata (dall’esterno, attraverso l’intervento dell’adulto di riferimento, nelle modalità sopra descritte) al diventare una competenza autonoma e quindi autoregolata.

Considerato questo, ricordiamo che “l’esempio che siamo in grado di dare è lo strumento più prezioso, unito alla presenza attenta e accudente, emotivamente piacevole. […] Se desiderate che i vostri figli siano da grandi autonomi, sicuri di sé, equilibrati come persone cominciate da subito. Non è mai troppo presto.” (Vicari, 2021).

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