Per concentrarmi meglio, io mi distraggo!

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L’attenzione è un processo cognitivo che ci consente di selezionare le informazioni provenienti dall’esterno, ignorandone altre, e di regolare i processi mentali in base ad esse. Da un punto di vista evolutivo, si tratta di un meccanismo estremamente utile ai fini della sopravvivenza dell’uomo in quanto consente di organizzare le informazioni provenienti dall’ambiente esterno, in continuo mutamento, e di regolare di conseguenza i processi mentali.

L’attenzione non è una proprietà generale di tutto cervello, ma il prodotto di specifiche aree che contribuiscono a questo processo. Diversi studi hanno permesso l’individuazione dei tre sistemi responsabili del monitoraggio, della risposta all’ambiente che circonda e della “messa a fuoco” mentale degli stimoli in arrivo: allerta, orientamento, controllo esecutivo; queste funzioni si collocano, anatomicamente, nelle regioni laterali, frontali e parietali. Gli interventi ed i piani educativi che sostengono nei bambini il rafforzamento delle competenze connesse a questi aspetti di attenzione, migliorano le prestazioni cognitive e scolastiche (Corbetta, Shulman, 2002; Fan, Mac Candliss, Sommer et al., 2002; Posner, Petersen, 1990).

Le teorie emergenti sull’architettura funzionale del cervello rivelano che le reti attentive possono essere concettualizzate come due sistemi che si alternano. Una di queste reti è la “ Task Positive Network” – la sua attivazione è associata ad un impegno attivo in compiti diretti ad uno scopo, che coinvolgono l’attenzione verso il mondo esterno e valutano la rilevanza degli stimoli esterni – questa rete supporta un sistema che può essere definito come “guardare fuori“ (Seeley, Menon, Schatzberg et al., 2007). Un’altra rete, conosciuta come “Task Negative Network“ o “stato di riposo“, è associata alla “modalità di default“ di funzionamento cerebrale, questa rete supporta un sistema che può essere definito come “guardarsi dentro“ (Buckner, Vincent, 2007; Raichle, MacLeod, Snyder et al.,2001).

Le regioni che supportano questo sistema sono anatomicamente situate lungo la linea mediana del cervello, nei lobi parietali e frontali, insieme a regioni più laterali nella parte inferiore del lobo parietale e alla parte mediale del lobo temporale. La ricerca neuroscientifica ha mostrato che più una rete si attiva, meno si attiva l’altra (Esposito, Bertolino, Scarabino et al.,2006; Fox, Snyder, Vincent et al., 2005). Si ritiene che l’alternarsi di queste reti rifletta lo spostamento da uno stato di attenzione diretta verso l’esterno – di focalizzazione su attività dirette a uno scopo (guardare fuori) – ad uno stato mentale più libero di attenzione diretta al mondo interiore (guardarsi dentro) ( Smallwood, Brown, Baird et al., 2011). L’efficienza con cui il cervello alterna la “modalità di default” e quella relativa all’attenzione verso l’esterno, sembrano essere associate alla salute neurale e psicologica, soprattutto in relazione al funzionamento sociale ed emotivo ( Whitfield-Gabrieli, Thermenos, Milanovic et al., 2009)

Differenze individuali nel funzionamento cognitivo

Gli studi che esaminano le differenze individuali in termini di connettività cerebrale durante la “modalità di default”, misurano, essenzialmente, come le aree della rete si coordinano durante il riposo e si disconnettono durante la fase di attenzione verso l’esterno.

Questi studi hanno evidenziato che le persone con una forte connettività durante la “modalità di default”- riposo – hanno un punteggio più alto nelle prove di abilità cognitiva, come il pensiero divergente, la comprensione della lettura e della memoria (Li, Liu, Li et al., 2009; Song, Liu, Zhou et al., 2009; Van Den Heuvel, Stam, Kahn et al., 2009; Wig, Grafton, Demos es al., 2008). Alcuni aspetti del funzionamento della “modalità di default”, durante il “riposo“ e durante le attività, sono legati all’intelligenza e alle abilità di lettura, di memoria e alle capacità di porre un’elevata attenzione in compiti cognitivi(Li, Liu, Li et al., 2009; Song, Liu, Zhou et al., 2009) Ricerche suggeriscono anche la possibilità che scarse opportunità di gioco per i bambini e di momenti in cui riflettere con calma e sognare occhi aperti per gli adolescenti, possono avere conseguenze negative, sia per il benessere emotivo sia per la capacità di svolgere in maniera ottimale compiti.

Nonostante le potenziali implicazioni di queste evidenze scientifiche, tuttavia, ci si continua spesso a concentrare sugli effetti immediati e negativi dei cali d’attenzione delle prestazioni dirette a un compito (Van Den Heuvel, Stam, Kahn et al., 2009).

Implicazioni didattico-educative

Insegnare a scuola le competenze per un’elaborazione produttiva interna, autodiretta, può essere utile sia per il benessere sociale ed emotivo sia per le competenze scolastiche (Yeager, Walton, 2011; ImmordinoYang, Sylvan, 2010).

Nei bambini della scuola primaria, il benessere emotivo, la fiducia in se stessi, il rendimento scolastico sono rafforzati quando viene loro insegnato a prendersi un “metamomento“ in cui allontanarsi dalle distrazioni e valutare in maniera riflessiva i propri ricordi, sentimenti, immaginare un “Sè“ ideale, pianificare di conseguenza il proprio comportamento in maniera adeguata (Brackett, Rivers, Reyes et al., 2012).

Rispetto ad altri interventi che non hanno una centratura sugli aspetti socioemotivi, tutti questi interventi possono migliorare il rendimento scolastico perché contribuiscono a creare le condizioni neuropsicologiche favorevoli a estrarre il significato emotivo delle situazioni, a collegare tale significato a ricordi personali e a immaginare una migliore linea di condotta futura. Le evidenze neurali e psicologiche mostrano che, fornire adeguate opportunità per sviluppare le capacità di distogliere in maniera appropriata l’attenzione diretta verso l’esterno e, potenzialmente, sviluppare gli stati introspettivi di alta qualità, può essere importante per il benessere e per avere prestazioni ottimali in compiti che richiedono un’attenzione focalizzata.

I contesti educativi realizzati per promuovere un equilibrio tra il “guardare fuori” ed il “guardarsi dentro” – in cui i bambini siano guidati ad utilizzare in maniera competente le reti complementari del cervello e gli insegnanti lavorino insieme per distinguere tra la perdita dell’attenzione focalizzata ed il coinvolgimento di una focalizzazione consapevole e riflessiva – si riveleranno ottimali per lo sviluppo. Lasciare lo spazio scuola per un’elaborazione rilevante per il “Sè” può aiutare gli studenti nel loro processo di apprendimento e nei risultati ottenuti ( Smallwood, Brown, Baird et al., 2011).

Dott.ssa Longobardi Sara
Psicobiologia e Neuroscienze Cognitive

References

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