Il 24 ottobre è il termine ultimo per richiedere il Bonus Psicologo. Superata questa data verrà stilata la graduatoria che proclamerà i vincitori tra tutti gli aventi diritto che hanno fatto domanda in questi mesi tramite il sito di INPS.
Fino ad oggi, infatti, chi ha fatto domanda ha semplicemente ricevuto una certificazione attestante il possesso dei requisiti per accedere al Bonus Psicologo e la quota del bonus che riceverebbe qualora rientrasse all’interno della graduatoria.
In merito poi a quest’ultima, occorre ricordare che si tratta di una graduatoria a scorrimento: passati i 180 giorni dall’emanazione del contributo, gli importi non utilizzati (in toto o in parte) verranno reindirizzati verso nuovi beneficiari.
Nell’attesa che inizi la “seconda fase” – quella che, nello specifico, riguarda l’effettiva attribuzione delle somme e l’utilizzazione delle stesse – e conclusasi la “prima fase”, è possibile cristallizzare un attimo l’affaire Bonus Psicologo e trarre delle prime conclusioni.
Quello che gli addetti ai lavori si stanno chiedendo fin dal primo momento – ed è una delle domande che più di tutte mi sono state poste – è: ma questo Bonus Psicologo serve o meno?
“Serve” nel senso di “utilità”? Ovviamente no! “Serve” nel senso di “è effettivamente un intervento sostanziale”? Su questo punto specifico si può discutere e sarebbe anche opportuno farlo.
Ricordando sempre le motivazioni che hanno spinto il Governo a varare il Bonus Psicologo – far fronte all’aumento esponenziale di situazioni di ansia e depressione dovuto alla crisi economico-sociale derivante dalla pandemia di Covid-19 – è indicativo il fatto che, secondo i dati INPS, circa il 60% delle domande pervenute sia arrivata da giovani e, più in generale, da soggetti under 35. Questo non fa altro che sottolineare quello che già si evinceva dall’aumento del numero di giovani tra gli accessi ai percorsi di psicoterapia: oggigiorno sempre più giovani accusano problemi di fragilità psicologica, magari derivanti dal periodo appena trascorso – e non di certo conclusosi – ma di certo impossibili da limitare esclusivamente a tali cause.
Ovviamente non sono esclusivamente i giovani ad aver fatto richiesta per il Bonus Psicologo, ma la platea dei richiedenti risulta ovviamente più ampia ed abbastanza variegata, sia per età che per reddito (ed anche per composizione geografica, seppur il numero maggiore di richieste risulti essere arrivato da Lombardia, Lazio e Campania).
Il problema di fondo – e qui torniamo su un piano meramente statistico – è che il Bonus Psicologo non è assolutamente la soluzione. È un provvedimento inteso ad aiutare quante più persone possibili – e questo intento è acclarato anche e soprattutto dal fatto che precedenza sarà data, a norma di decreto, alle fasce meno abbienti della popolazione – ma non è assolutamente un provvedimento risolutivo!
Tenendo conto delle somme stanziate, del numero dei richiedenti e delle soglie di sbarramento stabilite, sembra che, dei richiedenti, solo 1 su 9 riuscirà ad usufruire di questa misura (poco più di 40 mila persone se si calcola esclusivamente la soglia ISEE più bassa e che dovrebbe avere precedenza rispetto alle altre).
Il rapporto di 1 a 9 non sembra pienamente rispecchiare l’ideale di ottimo paretiano, ma volendo vedere il tutto come un traguardo raggiunto è comunque un risultato accettabile. Non buono, non discreto, certamente non ottimo, ma accettabile. Ed è tale, in sostanza, per due ordini di motivi:
- da un lato permetterà comunque a chi non ha la possibilità economica di entrare nello studio di un terapeuta di poterlo finalmente fare (con un obiettivo, più profondo, di riuscire finalmente ad infrangere il tabù della terapia);
- dall’altro potrebbe finalmente essere un segnale forte per lo Stato Italiano di decidersi a varare un piano serio e strutturato di investimenti per la salute mentale pubblica, allineandosi anche agli altri Paesi UE (ad esempio, basti pensare che la quota di spesa sanitaria che l’Italia destina annualmente al settore della salute mentale è pari al 3,5% delle quote del settore sanitario, contro l’11,3% stanziato annualmente dalla Germania).