La salute intestinale nella depressione: causa o conseguenza?

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Immaginiamo dei lunghi binari solcati da treni in continua partenza ed arrivo, una grande stazione che accoglie passeggeri da tutti il mondo. Così immagino la stretta connessione fra intestino e cervello, come ripetuti e tanti treni in viaggio che trasportano delle informazioni, dei segnali, degli input ai due grandi capolinea: intestino e cervello. E’ una corsa a doppio senso, uno scambio, una staffetta conosciuta perfettamente da chi per anni è in balia di stati di malessere intestinali o di disturbi mentali.

La comunicazione fra intestino e cervello emerge soprattutto quando iniziamo a sentire maggiormente le nostre emozioni; non è un caso, ad esempio,  se la risposta intestinale di un colon  irritabile aumenta improvvisamente quando siamo in viaggio o semplicemente fuori casa per effetto della cosiddetta diarrea psicogena o stitichezza da viaggio. In questi casi il cervello rilascia specifici ormoni dello stress (adrenalina e cortisolo) e invia altrettanti segnali nervosi alle pareti dell’intestino innescando delle risposte in termini di inibizione o aumento della peristalsi. In queste costanti corse e viaggi fra intestino e cervello troviamo dei curiosi e opportunisti passeggeri che codificano gli stessi segnali perchè a stretto contatto con le principali cellule sensoriali: sono i microbi intestinali, i rappresentanti del microbiota. Potremmo, per meglio rendere l’idea, definirli come “spie ” poiché spiano ciò che il cervello segnala all’intestino e viceversa influenzano ed interferiscono nella comunicazione dandone un risultato amplificato o prolungato nel tempo. Tralasciando lo sviluppo di patologie importanti come la schizofrenia, il disturbo ossessivo compulsivo e l’autismo che potrebbero trovare casa in una malsana comunicazione fra i “due cervelli”, focalizziamo l’attenzione sull’influenza che i microbi hanno su stati di depressione.

Appurato che esista uno stretto rapporto fra depressione e alterazione intestinale (anche detta disbiosi) non è ancora ben chiaro se sia la depressione la causa della stessa o viceversa. In un recente studio in cui i topi sono stati sottoposti a stress per un periodo prolungato è emerso un particolare ceppo batterico in predominanza rispetto ad altri; si tratta del ceppo Alistipes presente soprattutto nei soggetti con sindrome da fatica cronica e intestino irritabile. Lo stesso ceppo batterico sembra essere anche alla base di una condizione di infiammazione sistemica con consequenziale produzione di molecole a carattere pro-infiammatorio o citochine. Di fronte ad un’allerta, quale lo stato di infiammo generalizzato è, il cervello risponde in maniera protettiva chiudendo le porta della barriera emato-encefalica  e generando stati di depressione per mancato passaggio delle molecole precursori del buon umore, come il triptofano, precursore della serotonina. E’ come se il cervello si isolasse dal resto per salvarsi da un ipotetico attacco delle molecole di tipo infiammatorio, bloccando anche l’ingresso a quelle molecole che gioverebbero la stessa salute mentale. Serotonina e triptofano sono strettamente correlati secondo meccanismi non ancora del tutto noti, al perfetto funzionamento del famoso asse intestino-cervello o, per meglio dire, asse intestino-cervello-microbioma.

Un intervento dietetico sembra dare importanti effetti sulla composizione del microbioma intestinale di ognuno di noi, nello specifico una dieta ricca in alimenti oligo e mono-saccarridi fermentabili aiuterebbe il ripristino degli abitanti del colon. Un esempio calzante è rappresentato dal Kefir, bevanda ricca in fermenti lattici (o probiotici), ottenuta dalla fermentazione del latte, dalle molteplici proprietà: coadiuva le funzioni intestinali grazie alla presenza di ceppi batterici vivi, contiene lo stesso triptofano e rafforza le difese immunitarie grazie al riequilibrio della flora intestinale. Per lo stesso motivo,  cibi ricchi in inulina come i carciofi, le cipolle, l’aglio e alcuni frutti(come la banana non troppo matura)potrebberonutrire le cellule dell’intestino e aiutare i piccoli abitanti a svolgere le loro corrette funzioni. A tal proposito, l’inulina appartiene alla classe di alimenti definiti in gergo prebiotici, spesso associati ai precedenti probiotici, capaci di potenziare i singoli benefici in un azione di tipo sinergica. Fra gli alimenti prebiotici si annoverano una vasta gamma di cibi di origine vegetale  come frutta e verdura ricchi in fibra, componente non digeribile dal nostro intestino ma che diventa nutrimento dei batteri promuovendone la crescita e contribuendo all’attività del colon. 

Riportandoci all’importanza dei probiotici e ai loro effetti nella chimica del cervello, una dieta carente in cibi di origine vegetale e ricca in proteine animali o zuccheri semplici è complice di uno stato o senso di angoscia o di depressione qualora fosse consolidato o silente. E’ dunque importante sottolineare che includere nel regime alimentare fibra e prebiotici può avere senza dubbio effetti positivi sul benessere del microbioma e sull’asse intestino-cervello purchè non vengano introdotti al contempo alimenti che rischiano di annullare i benefici. Nemici dichiarati del microbioma sono gli zuccheri semplici di tipo industriale, le carni trasformate e trattate, bibite gassate o alcoliche e l’eccesso di grassi saturi naturalmente presenti in alcuni cibi soprattutto in latticini e carni rosse anche se in concentrazioni più basse rispetto ai prodotti raffinati o industrializzati.    

Alla luce di quanto descritto sembrerebbe quasi di sabotare la famosa espressione “Siamo ciò che mangiamo” di Feuerbach in “Siamo ciò che mangiano i nostri batteri” avvalorando la tesi di imprescindibile esistenza del complesso sistema microbioma-intestino-cervello. 

FONTI:

Fabio Gambetti (2019). Il microbiota. Le interazioni mente, intestino e cervello. Paolo Emilio Persiani Editore

Barbosa and Vieira-Coelho (2019) Probiotics and prebiotics: focus on psychiatric disorders – a systematic review.

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